Venezia adagiata sul mare deve ragionare in fretta sul futuro per sopravvivere veramente. Come saranno le stagioni turistiche post-pandemia?
Mentre infuriano le polemiche sulla riapertura (tempi, modalità, cambiamenti radicali o meno) gli abitanti e il sindaco stanno ripensando alle dinamiche del turismo di massa a 50 giorni dalla visita dell’ultimo turista. Anche qui si naviga a vista e il pensiero va sempre alla strage dell’epidemia che alla fine in Veneto sembra essere stata abbastanza frenata.
La situazione epidemica regionale
I casi positivi al Sars-Covid2 in Veneto hanno raggiunto (in data 18 aprile) quota 15.692. Si registrano nuove 23 vittime, mentre i casi attualmente positivi sono 10.444. Lo ha reso noto il bollettino della Regione Veneto. I pazienti in terapia intensiva sono 190. I decessi sono appunto 23, dato che porta a 900 il totale delle morti. I pazienti in area non critica sono 1.287 (meno 72), i casi di negativizzati virologici 4.189. I deceduti in ospedale e in aree extra ospedale sono complessivamente 1.059. Il numero dei soggetti in isolamento è di 12.723 persone. I dimessi sono 2.051.
Il potente mondo dell’associazionismo veneziano
Un forte mondo associativo caratterizza la città lagunare che però non potrà fare a meno del turismo anche se muoversi dopo la pandemia sarà tutta un’altra cosa. Anche albergatori e ristoratori restano molto inquieti sul loro futuro ma è anche vero che la città di cenere e luna, come l’aveva descritta il poeta cileno Pablo Neruda, non avrebbe comunque retto all’impatto costante di più di 30 milioni di turisti all’anno oltre alle gravi criticità del transito delle grandi navi. I gestori dell’ex Serenissima ragionano su un futuro che trasformi il turismo, lo renda un bene prezioso ma sostenibile. Un ripensamento che ha bisogno di molta materia grigia. Confinato dal coronavirus, il cuore della città è stato costretto a fermarsi all’improvviso. Adesso bisogna ripartire senza fare altri danni.