Il Brasile è diventato il secondo paese, dopo gli Stati Uniti, a superare i 50.000 morti per il coronavirus, che continua a diffondersi su scala globale. Nelle ultime 24 ore sono stati contati 183.000 nuovi casi, la maggior parte dei quali in America. La pandemia, per l’OMS, richiede una reazione coordinata.
Tedros A. Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: “La minaccia più insidiosa non è tanto il virus in sé, ma la mancanza di solidarietà e di leadership globali. Non sconfiggremo questa pandemia con un mondo diviso”.
Tra chi non rema nella stessa direzione c’è il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, che dall’inizio della crisi ostenta posizioni antiscientifiche e affermazioni populiste pur di non imporre al paese le misure assunte altrove.
Sostanzialmente sulla stessa linea il presidente statunitense Donald Trump, anche lui costretto ad assistere a un aumento inatteso dei focolai, specialmente negli stati del Sud e nel Midwest. A New York si pensa a un allentamento dei divieti, ma si teme per una seconda ondata di contagi, come accade in Arizona, dove sono risultati positivi un quinto dei test effettuati. Negli Stati Uniti dall’inizio della pandemia, si sono contati oltre 2,2 milioni di casi e più di 120.000 decessi. Il bilancio pù pesante al mondo.
In America meridionale, oltre al Brasile, preoccupa la situazione di Perù e Cile. In tutto il sub-continente i sistemi sanitari sono molto deboli, e l’impatto della pandemia aggrava il bilancio dei morti.
Fonte: Euronews