Le immagini aeree sono impietose. Sono diventate rosse le acque nell’area di Norilsk, in Siberia, dove venerdì scorso si sono riversate 20000 tonnellate di gasolio. Fuoriuscite da una centrale termoelettrica, ora minacciano flora e fauna del Mar Glaciale Artico in cui sono destinate a confluire.
Il presidente Vladimir Putin in un video incontro ha pubblicamente biasimato l’operato del governatore della regione di Krasnoïarsk colpita dal disastro. Si è rivolto ad Alexander Uss con queste parole: “Cosa intende fare? Ha completato il report sulla situazione in atto? Lei è il governatore. Perché abbiamo saputo dell’incidente solo due giorni dopo? Dobbiamo venire informati di situazioni d’emergenza attraverso i social media ora? Siete sani di mente laggiù?“.
Putin ha dichiarato lo stato d’emergenza. L’impianto è gestito da una filiale della Norilsk Nickel, leader mondiale nella produzione di nichel e palladio, le cui industrie hanno reso l’area una delle più inquinate al mondo.
Le operazioni di ripulitura delle acque inquinate del fiume Ambarnaïa sono complicate dalla sua bassa profondità, che lo rende non navigabile, e dal fatto di essere in un’area isolata. Lo ribadisce uno dei responsabili delle operazioni, Alexander Lobach: “Non ci sono strade o ferrovie. Non c’è modo di far arrivare un grande numero di barche con serbatoi vuoti per raccogliere il carburante.”
Sono state aperte tre inchieste per far luce sull’incidente ed è stato arrestato un impiegato della centrale.
La compagnia si è difesa sostenendo che “il sito, le cui fondamenta reggono da 30 anni, ha cominciato a sprofondare”. Le strutture sono costruite sul permafrost, minacciato dal riscaldamento globale.
Fonte: Euronews