Ciocche sui pavimenti dei saloni, file davanti alle vetrine e gazebo aperti: l’Italia ha ormai fatto capolino nei negozi, dai parrucchieri e in qualche bar. Ma la ‘fase 2’ di commercianti e artigiani riparte con il freno a mano della crisi economica, tra aumento dei prezzi e difficoltà organizzative.
Se nove magazzini di abbigliamento su dieci ormai hanno già le saracinesche alzate, solo la metà dei mercati finora è riaperto. Non va meglio al settore della ristorazione, che ricomincia a singhiozzo lasciando a casa per il momento il 40% dei dipendenti.
Nel nuovo ciclo post-lockdown si sta comunque “entrando con cauto ottimismo e senso di responsabilità”, spiega il premier Conte, che prima di arrivare a Palazzo Chigi si è fermato di primo mattino a sorseggiare un caffé e salutare i negozianti. Ci si rimette in pista a due velocità per adesso, almeno osservando i dati della Confcommercio.
Da una parte il 90% dei negozi di indumenti che brulicano di clienti pronti a rinnovare i guardaroba stantii della quarantena, soprattutto con intimo, camicie e scarpe. Dall’altra i bar e i ristoranti che per il momento lasciano a casa, in cassa integrazione laddove è arrivata, 400mila lavoratori.
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